Centrodestra da rifare

Berlusconi vota MaroniMa Bobo non si fida...

Andrea Tempestini

di Matteo Pandini Poche parole dettate da Berlusconi a Milanello, quartier generale rossonero, incoronano Maroni in Lombardia e, a cascata, fanno infuriare Formigoni e spiazzano i colonnelli azzurri. «Spero che si arrivi a una candidatura comune, magari lo stesso Maroni» osserva il Cavaliere. «Vediamo, stiamo lavorando insieme, vogliamo assolutamente continuare l’alleanza con la Lega e quindi stiamo esaminando le possibilità che ci sono». Bobo risponde poco dopo da Brescia, dove ieri ha chiamato a raccolta i sindaci del Nord: «Il passo avanti di Berlusconi è positivo ma attendo di capire cosa deciderà il Pdl». I colonnelli azzurri in Lombardia s’armano di diplomazia. Da domani «scatterà una serie di riunioni per decidere il da farsi» spiega Viviana Beccalossi. Il primo rendez-vous, fissato per il primissimo pomeriggio di lunedì, sarà con Gabriele Albertini. L’ex sindaco di Milano è deciso a restare in campo. A sponsorizzarlo con forza c’è soprattutto Formigoni, che non ha digerito quello che definisce «il tradimento della Lega», cioè la decisione di rompere dopo l’arresto di Domenico Zambetti, l’ormai ex assessore accusato di aver comprato i voti della ’ndrangheta. «Silvio, unico di chi?» scrive su Twitter il governatore uscente. E ancora: «Silvio, rifletti. I nostri elettori non vogliono regalare anche la Lombardia alla Lega, dopo Veneto e Piemonte. E Maroni non lo voteranno mai». Meno drastici alcuni colleghi di partito, a partire dal presidente della Provincia di Milano Guido Podestà che insiste sulla necessità di un accordo col Carroccio: «Solo così si vince». Dietro le quinte l’umore è pessimo. Parecchi dirigenti del Pdl hanno appreso la svolta di Berlusconi da Sky o dalle agenzie di stampa. Fonti pidielline raccontano che giusto l’altro giorno s’era organizzato un appuntamento col leghista Matteo Salvini e le conclusioni erano state diverse. Carroccio e Pdl avevano buttato giù una bozza d’intesa, a partire dal codice etico per le candidature fino ad alcuni punti programmatici. Ma sul nome dell’aspirante governatore non c’erano stati passi in avanti. Tanto che a via Bellerio continuavano a inviare messaggi di disponibilità su possibili primarie di coalizione. Ieri, Berlusconi ha esploso il mortaretto. «Sto lavorando per mettere a fuoco il programma su sanità, imprese e così via» chiosa Salvini dopo l’annuncio di Silvio. «Per noi la candidatura era ed è quella di Maroni. Se qualcun altro condivide  le nostre proposte, a partire dall’esigenza di trattenere il 75% di tasse dei lombardi in Lombardia, se ne può discutere». Probabilmente, la persona meno spiazzata dall’uscita dell’ex premier (oltre ad Albertini che assicura di «non essere sorpreso») è proprio il segretario leghista. Ieri mattina, poche ore prima della «svolta di Milanello», Bobo parlava con alcuni fedelissimi: «Se è vero che ho sentito e visto il Cavaliere? Ci parliamo molto spesso, d’altronde siamo milanisti tutti e due...».  Albertini fa spallucce: «Credo che molti la pensino come me e non si riconoscono in un progetto politico che vede un partito antieuropeista parte integrante della nostra coalizione. Se ciò dovesse accadere non escludo l’ipotesi di loro difficoltà (loro del Pdl, ndr) sino ad arrivare a una scissione». Ipotesi estrema, certo, e che il presidente della Provincia di Milano Guido Podestà smentisce. Albertini chiude pure una possibile via d’uscita, quella delle primarie di coalizione: «Il mio progetto le esclude». Pier Ferdinando Casini ha in mano l’accordo con l’ex sindaco di Milano: «L’Udc ha una linea decisa, ovvero quella di ricreare in Italia una formazione che ricalchi quella del Ppe, gruppo parlamentare al quale aderiscono in Europa il suo partito, il Pdl e Fli e non la Lega». Tanto che la dichiarazione di Berlusconi, afferma il leader centrista, «è segno di una certa confusione».  Maroni tira dritto e conferma: «Mi sembra di essere il candidato migliore». E aggiunge: «Continuiamo comunque la nostra preparazione. Stiamo realizzando e costruendo una lista civica che porterà il mio nome, assieme alle altre liste e siamo a buon punto anche nella realizzazione del programma». Certo, per il Carroccio l’uscita del Cavaliere rischia di essere un’arma a doppio taglio. I motivi sono diversi. Non tutti gli elettori leghisti capirebbero la rinnovata alleanza col Pdl. E poi. Se Berlusconi appoggia Maroni, vorrà qualcosa in cambio: come minimo l’alleanza alle Politiche. E Bobo dovrebbe giustificare il ritorno con Silvio, che al di là di come ha governato insieme ai padani, poi ha deciso di sostenere Mario Monti. La mossa che ha consentito al Carroccio di fare le valigie e rompere l’intesa. Proprio su questo punto, già da alcuni giorni, si registrano i malumori dei nostalgici della gestione Bossi. L’ex capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, per esempio, ha bocciato qualsiasi ritorno di fiamma con gli azzurri. A Milano come a Roma. Il tutto senza dimenticare che Bobo, soprattutto se si alleerà col Pdl, sarà costretto a vincere: un eventuale ko lo indebolirebbe anche all’interno del suo partito. Tra pochi giorni i lumbard snoccioleranno alcuni dei circa 100 nomi che, mai tesserati alla Lega, hanno deciso di correre per la lista Maroni. E oggi alle 11,35 Bobo sarà intervistato da Maria Latella su Sky Tg24.