L'editoriale

Un governo di marziani: pm salvi, disabili tassati

Andrea Tempestini

  «Criticare la manovra è un suicidio: i tagli dell’Irpef  danno speranza alle famiglie». Così parlò il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, l’uomo che ha in mano i nostri conti e dunque anche i nostri destini. Ora, conosco poco Grilli e dunque non posso sapere quali famiglie frequenti, se quella americana dell’ex moglie che lo messo nei guai con Finmeccanica o altre. Sta di fatto che io un certo numero di famiglie del ceto medio le tengo d’occhio - più per ragioni private che per questioni statistiche – ma non ne ho notata nessuna gioire dopo il varo della legge di stabilità. Né fra la ristretta cerchia di amici che frequento ho visto a nessuno dipingersi sul viso la speranza di un futuro migliore come lascia intendere il numero uno di via XX Settembre a Roma, sede del ministero delle Finanze.  Da quel che posso rilevare, i miei conoscenti hanno  in faccia gli stessi segni di incertezza che colgo da mesi, perché molti di loro non sanno se avranno un posto di lavoro anche l’anno prossimo e, soprattutto, non sanno di che morte dovranno morire a causa dell’inasprimento delle norme fiscali. Come detto conosco pochissimo il responsabile dell’Economia, tuttavia dopo quanto egli ha dichiarato comincio a preoccuparmi perché le frasi da lui pronunciate denotano o un assoluto distacco dalla realtà di chi regge i cordoni della borsa oppure un’ altrettanto preoccupante propensione a sparare palle. Come si fa infatti a dire che grazie al rimodulamento dell’Irpef deciso dal governo le famiglie italiane avranno più speranza? Di fare che cosa, di grazia? Persone più esperte di me, come ad esempio il professore Paolo Manasse dell’Università di Bologna, hanno stimato che in seguito all’abbassamento  di un punto delle aliquote fiscali più basse (22 e 27 per cento) chi guadagna 10 mila euro l’anno avrà un beneficio pari a zero euro, mentre le famiglie con 20 e 30 mila euro avranno una capacità di spesa rispettivamente di 68 e 52 euro. L’anno, ovviamente.  Il che equivale a circa 5 euro e 60 centesimi ogni trenta giorni se si ricevono 1200 euro il mese, e 4 euro e 30 centesimi se lo stipendio è migliore. Qual è il motivo per cui gli italiani che si trovano in queste condizioni dovrebbero gioire? Perché per cinque giorni su trenta potranno permettersi un caffè in più di quelli che fino a ieri il magro salario consentiva? Uguali domande me le faccio a proposito di altre misure decise dal governo, in particolare riguardo a quelle che consentono di tassare l’assegno di invalidità. In Italia, come è risaputo, se ne erogano molti e non tutti giustificati, non a caso carabinieri e finanzieri hanno scoperto finti ciechi e storpi immaginari che se la spassavano ritirando ogni mese la pensione sociale.  Se l’handicappato è un imbroglione e vive a sbafo è giusto punirlo. Ma se invece è una persona che la vita non ha premiato nel fisico, perché il Fisco si deve accanire? In genere si tratta di uomini o donne che non hanno grandi fonti di reddito, ciò nonostante le misure varate dal nostro esecutivo prevedono che,  nel caso l’invalido superi il tetto massimo dei 15 mila euro l’anno, l’assegno che gli viene erogato dall’Inps per il suo handicap sia tassato. Ma sa Grilli a quanto equivalgono 15 mila euro lordi? A circa mille euro il mese, con i quali l’invalido dovrà provvedere a pagare un affitto se non ha una casa di proprietà, saldare le bollette, mantenere una badante che lo aiuti e poi, se avanza qualcosa, anche mangiare. Secondo Grilli è un privilegiato? Uno di quelli che grazie alla delega fiscale si vede restituire la speranza? Se la risposta è sì, abbiamo capito tutto e cioè che al ministero dell’Economia non sanno chi sono i contribuenti italiani e fra quali difficoltà si dibattono. Se invece il responsabile delle Finanze propende per il no, c’è da domandarsi come mai abbia deciso di tassare i 400 euro che l’ente assistenziale eroga a chi ha bisogno di accompagnamento o altro. Siamo messi così male da non avere più un euro se non limando la pensione agli invalidi? Oppure più semplicemente non si ha il coraggio di tagliare le alte spese della macchina statale?  La Corte costituzionale ha stabilito che imporre un prelievo di solidarietà a carico dei magistrati e degli alti papaveri della burocrazia pubblica non risponde ai criteri di equità, autonomia e indipendenza previsti nella Carta su cui si fonda la nostra Repubblica. Bene. Sgraffignare un po’ di soldi alle persone che hanno bisogno di una badante perché altrimenti non sono in grado di deambulare da sole, invece, è un provvedimento che rientra a pieno titolo nella nostra Costituzione? Intendiamoci: non voglio polemizzare. Cerco solo di capire se siamo governati dai marziani o dai predoni. Così, tanto per regolarmi.    di Maurizio Belpietro