Cambiano casacca in 180. Indagano solo a destra
Nella scorsa legislatura sono passati ad altri gruppi 60 senatori e 120 deputati. Ma è un reato soltanto andare con Berlusconi
Cambio di casacca è l'immagine più morbida. Tutte le altre definizioni, da voltagabbana a trasformisti, virano verso l'offesa e la denigrazione, volendo comunque dare un'accezione negativa ad un atto che affonda le radici nelle notte dei tempi. Anzi, nella natura dell'uomo. E siccome la natura umana, oltre ad essere volubile, è fortemente condizionata dalle scelte che si fanno, se a cambiare partito sono esponenti del centrosinistra, tutto va bene. Ma se esponenti dell'arco costituzionale scelgono, liberamente, di accasarsi con Silvio Berlusconi è reato. La solita storia. Tutto ciò che riguarda il Cav è male, mentre quello che avviene sotto le insegne del centrosinistra odora di santità. Ed è quello che pensano anche i magistrati della Procura di Napoli. Per la precisione, secondo le toghe dal capoluogo partenopeo, sarebbero stati una decina i parlamentari disponibili a votare contro il proprio partito in cambio di soldi o altri benefit. A loro carico sarebbe stato aperto un nuovo filone di indagine sulla compravendita di deputati e senatori che toccherebbe Silvio Berlusconi. I reati che sarebbero stati ipotizzati, al momento senza indagati, coinciderebbero con finanziamento illecito e corruzione. I fatti in questione riguarderebbero il voto sulla sfiducia a Berlusconi andato a vuoto il 14 dicembre 2010 e altre votazioni relative alle vicende giudiziarie che coinvolgevano il Cavaliere. Si tratterebbe dei casi Ruby e diritti tv. La convinzione dei magistrati, sostenute anche dalla testimonianza di Sergio De Gregorio, l'ex senatore dell'Idv che ha patteggiato nel primo filone dell'inchiesta una condanna a un anno e 8 mesi, è che ci fosse un vero e proprio «sistema di elargizione» che ha coinvolto partiti e parlamentari. Tutta roba da dimostrare, ovviamente. Un dato, però, è inequivocabile. Stando alla ricostruzione fatta dal Mattinale, la newsletter del gruppo di Forza Italia alla Camera, nella scorsa legislatura ben 180 parlamentari hanno cambiato gruppo di appartenenza. Per la precisione hanno cambiato casacca 60 senatori e 120 deputati, in tutte le direzioni, per lo più dal centrodestra, e dal Pdl in particolare, verso altri lidi. Alla Camera dei deputati, ad esempio, a fine legislatura, il Pdl aveva perso 69 parlamentari, il Partito democratico 13, così come l'Italia dei Valori. Il gruppo più premiato è stato il Misto, con un saldo positivo di 51 deputati, a seguire i gruppi nati durante il quinquennio, Futuro e libertà (+24) e Popolo e territorio (+19). Al Senato della Repubblica analogo trend. Il Pdl è il gruppo che ha perso per strada il maggior numero di senatori (-29 rispetto all'inizio della legislatura), seguito dal Pd (-14). In taluni casi alcuni parlamentari si sono esibiti anche nel doppio salto della quaglia, o addirittura nel triplo. Un esempio senza fare nomi? Dal Pdl a Futuro e libertà, da Futuro e libertà al Misto, dal Misto ai Responsabili (poi diventati Popolo e territorio). Ma per i giudici sono colpevoli sono quelli passati con Berlusconi o, quanto meno, quelli che avrebbero dato una mano all'ex presidente del Consiglio. Torniamo alle toghe. Le indagini si focalizzerebbero sul ruolo decisivo dei quattro deputati di Fli che si schierarono a favore del Cavaliere e contro l'indicazione del loro gruppo, guidato da Gianfranco Fini: Catia Polidori; Maria Grazia Siliquini; Giampiero Catone e Silvano Moffa. «È davvero singolare che la Procura di Napoli, non si sa in virtù di quale competenza territoriale», afferma il deputato azzurro Luca D'Alessandro, segretario della commissione giustizia della Camera, «indaghi per presunta compravendita di parlamentari nei confronti dell'unico leader approdato sempre a palazzo Chigi in forza del pieno e legittimo mandato degli elettori, e mai a causa di un ribaltone». Per l'ex ministro Maria Stella Gelmini «l'inchiesta configura una grave violazione della Costituzione e una pesante distorsione della formazione del consenso». Posizione, quella dell'esponente di Forza Italia, condivisa e sottoscritta dalla maggioranza dei colleghi del centrodestra, compresi quelli del movimento guidato da Angelino Alfano, a partire da Fabrizio Cicchitto. Segno che la Procura di Napoli ha davvero superato il segno. Forse è per questo che Romano Prodi non si costituirà parte civile. di Enrico Paoli