Lega, Franco Bechis svela la vergogna dei magistrati contro la Lega: cosa non torna sui 49 milioni di euro
Una cosa è certa: nessuno, né all' epoca di Umberto Bossi con il suo tesoriere Francesco Belsito, né in quella successiva di Roberto Maroni o in quella ancora attuale di Matteo Salvini si è preso 49 milioni di euro dalle casse della Lega e se li è messi in tasca. Per questo è incomprensibile l' accanimento contro la Lega da parte dei magistrati di Genova e ora pure della Corte di Cassazione che considera legittimo sequestrare qualsiasi centesimo giri da quelle parti da qui per non so quanti lustri fino a quando non si raggiungerà quella somma di 49 milioni di euro. Eppure secondo le varie sentenze emesse a Genova e Milano Belsito e la famiglia Bossi sono stati riconosciuti colpevoli di avere usato per sé e non per le finalità pubbliche circa un milione di euro proveniente dalle casse della Lega. La tesi dei magistrati è che visto quel milione (sono contestati anche altri 5 milioni investiti in Tanzania e a Cipro per il reato di riciclaggio) usato in difformità dalle prescrizioni di legge, fra l' altro per comprare vestiti a Bossi, debbono essere ritenuti irregolari tutti i rendiconti della Lega di quegli anni, e quindi illegittimi tutti i finanziamenti ricevuti dallo Stato a rimborso delle spese elettorali. Per questo secondo loro andrebbero recuperati all' erario circa 50 milioni di euro, e se i padri quei soldi non hanno, bisognerà che ci pensino i figli, i nipoti e magari pure i pronipoti: le colpe ricadranno biblicamente sulle spalle delle famiglie leghiste di generazione in generazione. Con questa idea biblica di giustizia ovviamente nessuno poi potrebbe mai tenere in vita la Lega nemmeno sotto mentite spoglie, perché i vari di livelli di giustizia italiana sembrano in questo momento coalizzati per fare fuori Salvini dal panorama politico. SENZA PRECEDENTI È una decisione giudiziaria senza precedenti che mette in discussione il futuro della democrazia e della politica in Italia, perché esorbita non solo dalla logica comune, ma anche da ogni pilastro dello Stato di diritto. Ad esempio mettendo sullo stesso piano ciò che proviene da finanziamenti privati e da finanziamenti pubblici alla Lega. Non voglio tediare con riferimenti giuridici che pure hanno un loro peso, ma provo con qualche esempio concreto: se io oggi volessi donare alla Lega mille euro miei, questi verrebbero sequestrati dai magistrati non si capisce bene a quale titolo. E a chi oggi storce il naso anche all' interno dei militanti del Movimento 5 stelle, imbarazzato per l' alleanza con un Salvini inseguito da pm e giudici, offro un altro esempio per capirsi: non è vero che il movimento fondato da Beppe Grillo non ha mai ricevuto un euro di finanziamento pubblico, perché ha incassato e incasserà ancora milioni di soldi pubblici attraverso i propri gruppi parlamentari e i gruppi costituiti nei consigli regionali. Con quei soldi hanno pagato iniziative politiche anche sul territorio e ad esempio tutto lo staff di comunicazione che in gran parte proveniva dalla Casaleggio e che ha svolto la sua attività ben oltre le quattro mura delle Camere. LE DONAZIONI Tutto consentito dalla normativa esistente, intendiamoci. Ma metti caso che anche da quelle parti ci fosse stato un piccolo Belsito, che quei soldi avesse poco alla volta utilizzato a beneficio del tutto personale. Magari qualche decina di migliaia di euro o poco più. Bene secondo la logica dei magistrati che sono a caccia di Salvini in quel caso il M5s avrebbe dovuto restituire tutti i finanziamenti pubblici ai gruppi consiliari, restituendo milioni di euro. E oggi qualsiasi loro finanziamento all' associazione Rousseau verrebbe sequestrato fino a concorrenza della cifra dovuta. Esattamente quello che sta accadendo con la Lega. Quindi questa enormità giudiziaria è un tema che riguarda non Salvini e la Lega, ma tutta la politica e indirettamente tutti i cittadini, perché d' ora in avanti qualsiasi magistrato potrà cancellare dalla competizione elettorale il partito o movimento che gli è venuto a noia. C' è un modo per sfuggire a questo? Ce ne sono in teoria mille: ad esempio fare transitare eventuali donazioni verso altri soggetti giuridici sulla carta non aggredibili dai magistrati (è quel che sta facendo Salvini con le fondazioni e le associazioni territoriali indipendenti), o magari aprendo conti-sottoscrizione nelle banche di Camera e Senato con causali di volta in volta legati a singole iniziative politiche. Ma davanti all' arbitrarietà giudiziaria non c' è difesa possibile: fanno quello che vogliono comunque. Anche l' appiglio giuridico è assai flebile, e lo dimostra chiaramente quel che al contrario è avvenuto fra Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita, e i vertici del partito dell' epoca, guidato da Francesco Rutelli. Lì per l' appropriazione indebita è stato perseguito il tesoriere, accusato alla fine di avere sottratto al partito 24 milioni di euro. E i giudici non solo non hanno ritenuto correo il partito stesso, ma hanno con decisione di Cassazione fatto restituire il maltolto alla Margherita, e non all' erario. RATE SOSPESE La legge attuale consente di sequestrare per irregolarità gravi al massimo un terzo dei soli fondi provenienti dal 2 per mille Irpef destinati al partito. Ma le irregolarità non sono sindacabili dalla magistratura: debbono essere contestate da una apposita commissione consultiva di revisori delle Camere. Prima di questa legge ce ne era una del governo di Mario Monti, in vigore fra il luglio 2012 e il dicembre 2013: questa in caso di irregolarità gravi di bilancio consentiva la sospensione dell' intera rata del rimborso. Ma anche qui erano i revisori delle Camere a dovere trovare l' irregolarità e segnalarla e la sospensione della rata doveva essere disposta dai presidenti delle Camere. L' avessero fatto, alla Lega non sarebbe stata erogata la rata prevista per quell' anno: 1,6 milioni di euro. In ogni caso quella sanzione è stata abrogata e quindi non esiste più nell' ordinamento italiano. In precedenza (legge 1999) solo i presidenti delle Camere potevano contestare irregolarità di bilancio ai partiti (sempre per motivi formali) e sospendere l' erogazione del rimborso fino a quando non fosse stata regolarizzata la mancanza. Sospendere, non revocare. Su queste basi davvero quella dei giudici alla Lega è solo una caccia all' uomo. A Salvini e a questo punto anche al governo di cui fa parte. di Franco Bechis