Mediaset, confermata la condanna a 4 anni a Berlusconi
La Corte d'Appello di Milano conferma i 4 anni di reclusione e i 5 di interdizione dai pubblici uffici. Entrata a gamba tesa contro l'esecutivo, che però reggerà: Silvio vince su altri fronti
di Andrea Tempestini @antempestini Tutto secondo copione. I giudici della seconda Corte d'Appello di Milano hanno confermato la condanna a quattro anni di reclusione, tre dai quali coperti da indulto, per Silvio Berlusconi. L'accusa è quella di frode fiscale nell'ambito del processo sulla compravendita di diritti televisivi di Mediaset. Confermata anche la condanna a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici - che però diventerà esecutiva solo dopo l'eventuale conferma in Cassazione - e l'assoluzione per Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset. La procura di Milano conferma in toto quanto stabilito in primo grado ed entra a gamba tesa non solo contro il Cavaliere, ma anche contro il governo Letta sostenuto dalla strana coalizione Pd-Pdl. Un governo che però Berlusconi non farà cadere: l'ex premier, come spieghiamo nel resto dell'articolo, vince su alti fronti (commissione Giustizia e presidenza della Cassazione) e riesce comunque a puntellare la trama di "pacificazione giudiziaria". Il processo - A Berlusconi è stata inoltre inflitta l'interdizione per 3 anni dal dirigere società e contrattare con la pubblica amministrazione. Tra le pene accessorie anche il versamento di 10 milioni di euro in solido con gli altri tre condannati come risarcimento danni all'Agenzia delle Entrate. Se l'interdizione venisse confermata dalla Cassazione, il seggio parlamentare del Cav decadrà. L'indulto votato nel 2006 dal Parlamento condona tre dei quattro anni di reclusione, ma non cancellerebbe l'interdizione nel caso in cui la sentenza diventasse definitiva. La prescrizione del procedimento cade nel luglio del 2014. Confermata anche la condanna a tre anni di reclusione per il produttore statunitense Frank Agrama. Nel processo Mediaset Berlusconi era accusato di aver gonfiato il prezzo dei diritti tv e cinematografici acquistati dal Biscione dalle principali majors statunitensi, un "trucchetto" che secondo le toghe è servito per accumulare fondi neri all'estero e a frodare il fisco italiano. Per Berlusconi, dopo la sentenza di primo grado sui diritti tv e quella sull'intercettazione Fassino-Consorte, si tratta del terzo verdetto di condanna in pochi mesi, tutti "firmati" dai giudici di Milano (ma quella di oggi è la prima sentenza in appello). Mediaset, tutte le tappe dall'inchiesta alla condanna Leggi l'approfondimento Ghedini: "Giudici prevenuti" - Il primo commento alla pronuncia delle toghe milanesi è stato quello dell'avvocato Niccolò Ghedini: "La forza della prevenzione è andata al di là della forza dei fatti". Il legale, che pochi minuti prima della sentenza si era detto "pessimista", ha aggiunto che "avevamo la consapevolezza che sarebbe andata così". Ghedini contesta il fatto che "non sono stati accolti alcuni testi che avevamo richiesto, non si è tenuto in nessun conto i nuovi documenti che avevamo presentato, non si è deciso di aspettare la Corte Costituzionale, la cui decisione è stata addirittura giudicata irrilvante". Il legale ora confida nella Cassazione e nella Corte Costituzionale, che nei prossimi giorni si pronuncerà sul conflitto di attribuzione tra poteri in relazione a un vecchio legittimo impedimento negato al Cavaliere. "In qualsiasi altro tribunale - ha aggiunto - non avremmo mai avuto una sentenza di questo tipo". Lo stesso Ghedini, però, ha chi gli chiedeva se il verdetto mina la stabilità politica del governo ha ribattuto: "Non credo ci sia una correlazione. Quella che viene messa a rischio è la stabilità del diritto, che è una cosa che a me, in quanto avvocato, preoccupa di più". Dello stesso avviso Fabrizio Cicchitto: "Non caderemo in provocazioni - ha commentato -. Non faremo ricardere sul governo le conseguenze di questa sentenza, di questo nuovo attacco giudiziario contro Berlusconi che ha evidenti obiettivi politici". Le reazioni - Pochi secondi dopo la sentenza è cominciata la pioggia di dichiarazioni. Per prima Mariastella Gelmini: "Una condanna incomprensibile, l'ennesima prova di un uso politico della giustizia sciagurato che non aiuta un clima di pacificazione che invece dovrebbe instaurarsi tra le forze politiche. E' un fatto estremamente grave e lesivo della democrazia". A ruota arriva il commento del deputato del Pdl Luca D'Alessandro: "Quello appena concluso - spiega - è un processo politico e la condanna a Berlusconi è solo politica. Una condanna che deve farci reagire con forza perché folle, ingiusta e basata solo sul principio dell'eliminazione dell'avversario per via giudiziaria". Per Maurizio Gasparri si tratta di "una sentenza frutto di pregiudizi, priva di ragioni, lesiva della verità e della vita democratica. Nessuno si illuda di alterare a colpi di sentenze politiche la realtà dell'Italia". Durissima Daniela Santanché: "Si tratta di una sentenza vergognosa e scellerata, indegna di un Paese civile. Ieri qualcuno voleva impedire a Berlusconi di governare e pretendeva di sovvertire la volontà popolare degli italiani per via giudiziaria. Oggi qualcuno sta operando per far saltare il governo Letta e l'ipotesi di pacificazione nazionale". Doppio colpo - Ma come accennato, nella giornata della condanna per Mediaset, sempre sul fronte giustizia, il Cavaliere ha messo a segno due colpi importanti. Questi "colpi" hanno un nome e un cognome. Il primo è Francesco Nitto Palma, eletto dopo un lungo braccio di ferro alla presidenza della Commissione giustizia al Senato. Il secondo è Giorgio Santacroce, eletto alla presidenza della Cassazione. La stessa Cassazione che a dicembre metterà la parola fine proprio al processo Mediaset. Si tratta di due pedine fondamentali nel clima giudiziario da caccia alle streghe che circonda Berlusconi. Due nomine che di fatto blindano il governo Letta, il cui destino nelle ultime ore più che mai era parso legato a doppio filo alle sorti giudiziare dell'ex premier. La trama - Certo, è arrivata la condanna per Mediaset. Altrettanto certo, la Cassazione non sarà incline a fare sconti in appello. Ma Berlusconi ha preso nota dei segnali positivi, snodi importanti per favorire il clima di pacificazione tra Pd e Pdl. Per quel che riguara la Commissione, quel "o Nitto Palma o salta tutto" scandito dal Cav ha sortito gli effetti desiderati. Il grande mediatore democratico è stato Dario Franceschini, che in tandem con Enrico Letta ne ha favorito l'elezione proteggendo il governo. L'escamotage è stato quello di una "fumata bianca" al quarto voto, quando per eleggere Nitto Palma non serviva la maggioranza qualificata. In contemporanea, a palazzo Marescalli si è votato per il magistrato più alto in grado della Cassazione, sull'uomo che presiederà le sezioni unite quando dovranno pronunciarsi su Mediaset. Santacroce, uomo vicino al Cav e a Previti, l'ha spuntata su Luigi Rovelli per 13 voti a nove. Berlusconi di fatto è riuscito a puntellare la trama di pacificazione giudiziaria che avvolge - e regge - il governo della "strana coalizione".