di Antonio Spampinato A Siena piovono pietre. E il presidente di Monte Paschi, Alessandro Profumo, protegge l’istituto come può. Ipotizza azioni di responsabilità sulla passata gestione targata Giuseppe Mussari ma tira pugni a quei politici che usano, pur di avere visibilità mediatica, «un linguaggio improprio», fregandosene degli oltre 30.000 dipendenti e dei 6 milioni di clienti. D’altronde, sottolinea l’ex numero uno Unicredit, siamo in piena campagna elettorale. In realtà, è proprio questo il problema. Lo scandalo derivati che ha travolto Mps non è un affare che coinvolge solo banchieri e il mondo dell’alta finanza. Gli schizzi di fango partiti da Siena vanno lontano, fino a insozzare anche il volto di politici. Lo dice, senza giri di parole, uno dei quotidiani italiani a cui le Procure amano confidarsi: Repubblica. Il giornale fondato da Eugenio Scalfari scrive sicuro: la politica c’è dentro fino al collo, tanto che «la procura preferisce attendere l’esito del voto di febbraio prima della “discovery”». Ma una volta scoperte le carte, partirà un «annunciato Armageddon giudiziario». Nel frattempo però la procura di Siena usa la sordina. Si parla di un piccolo fiume d’inchiostro che si è già riversato sul registro degli indagati ma ai cronisti accampati davanti agli uffici dei pm Giuseppe Grosso e Antonino Nastasi, non sono stati fatti nomi. Tutti zitti, almeno ufficialmente. Le procure non fanno conferenze stampa, non è però raro che i cronisti giudiziari, quelli di lungo corso, i più bravi, riescano a strappare qualche nome dei destinatari di avvisi di garanzia. E in questo caso? Elezioni a un passo uguale bocche cucite. La maxi-tangente - Niente nomi ma il perimetro in cui si sta muovendo la procura di Siena e il Nucleo di polizia valutaria di Roma sembra già delineato. Ed è un amarcord: Antonveneta, niente meno. Una banca che nel 2005 ha già fatto da buccia di banana a Giampiero Fiorani e ai «furbetti» e che ora si è trasformata in saponetta sotto il tacco di Mussari. Il Monte dei Paschi “strappa” Antonveneta dalle mani del Banco Santander nel 2007 (il passaggio ufficiale avvenne nel 2008) per 9 miliardi ma, si legge ancora dalle cronache di Repubblica, gli spagnoli avrebbero chiuso, felici, per 7 miliardi. Felici perché a 7 avevano praticamente già raddoppiato l’investimento. I due miliardi aggiunti dal generoso Mussari «è la provvista della tangente», scrive il quotidiano romano, «o, almeno, è questa l’unica logica spiegazione». Per dare forza alla sua tesi, Repubblica descrive il metodo utilizzato da Mps per il pagamento a Santander: due conti separati, 7 miliardi versati direttamente a Madrid, 2 miliardi su un conto di una banca londinese. Il “sovrapprezzo” poi salpa da Londra e naviga per mezzo mondo, fino a toccare il Brasile, per poi fare capolino in Italia sfruttando lo scudo fiscale. Non per niente sulla pratica Mps sta lavorando anche la Finanza. Il Sole24Ore aggiunge poi un tassello all’intricata vicenda Antonveneta-Mps. Un tassello che ha le sembianze di un broker svizzero, Lutifin Sa. Ma in questo caso è la procura milanese a guidare i giochi. Il nome dell’intermediario salta fuori ogni volta che si parla della vendita di Antonveneta, sia ai tempi della Banca Popolare Italiana, sia in quelli di Monte Paschi. Ma in entrambi i casi le due banche acquirenti avrebbero potuto agevolmente fare a meno di un intermediario, la cui «utilità di interposizione è assolutamente nulla sul piano commerciale», scrive il quotidiano di Confindustria citando le carte dell’inchiesta. Così, dice il Sole, il pm Roberto Pellicano si prepara a chiedere il rinvio a giudizio a diciotto persone legate alla società ticinese. Perché, dietro a un’operazione con Dresdner Bank, Mps utilizza la Lutifin per scambiare un prodotto strutturato da 120 milioni di euro e paga per un’intermediazione che potrebbe evitare. Gli investigatori sospettano, scrive ancora il quotidiano, che l’operazione schermi «flussi inconfessabili di retrocessioni commissionali». Soltanto il Devoto-Oli è più elegante del Sole nel descrivere il termine «tangente»: «Somma offerta o richiesta in cambio di favori o vantaggi illeciti». Ma scorrendo tra i sinonimi il dizionario non può fare sconti: «bustarella», «mazzetta», «stecca». È di questo che si sta parlando. I controllori - La bufera che ha travolto il Monte dei Paschi non ha risparmiato coloro che avevano il compito di vigilare nelle varie fasi dell’operazione di acquisizione. Possibile che Consob e Banca d’Italia non si fossero accorti di nulla? No. E infatti si parla di documenti tenuti nascosti nei cassetti di Mps, emersi solo grazie all’operazione trasparenza lanciata dall’attuale dirigenza dell’istituto senese e fortemente voluta dal nuovo presidente Profumo, che però ora si scaglia contro chi ne approfitta in campagna elettorale. Il primo giornale che ha pubblicato lo scoop su Mps è IlFattoQuotidiano. Un sasso diventato valanga?