Il Pd: Bersani è un fascistae usa per sé i soldi del partito
Diluvio di polemiche e proteste dei militanti per il manifesto con cui il segretario annuncia la sua discesa in campo alle primarie
Il manifesto è già affisso in molte città. Titolo “Accettiamo la sfida”, ed è l'annuncio ufficiale del Partito democratico per l'avvio delle primarie. Colori verde-bianco e rosso, dentro solo una frase di Pierluigi Bersani che dice “Io mi candiderò”. Il manifesto è stato subito un pugno nello stomaco dei militanti. Che non l'hanno affatto gradito, sommergendo i propri leader, i blog del partito e perfino quelli dell'agenzia di design che l'ha ideato di critiche, proteste violente e anche qualche insulto. Prima accusa: il design ricorda quello del ventennio, il bianco della simil-bandiera ricorda un fascio littorio. Seconda accusa, piuttosto diffusa: il manifesto riporta come committente “Partito democratico- Direzione nazionale”, quindi sembra pagato dai fondi del partito. Solo che è un manifesto che lancia non le primarie in sé, ma la candidatura di Bersani alle primarie. Quindi si accusa il leader di barare al gioco: se per sé usa fondi del partito, viola la par condicio con gli altri candidati che non hanno la cassa del Pd a loro disposizione. Le critiche politiche stanno infiammando i blog, finendo nei profili facebook di molti imbarazzati leader nazionali del Pd. A quelle stilistiche ha scelto di replicare l'agenzia di design che ha ideato il manifesto. Si tratta della FF3300, fondata nel 2006 da Alessandro Tartaglia, Carlotta Latessa e Nicolò Loprieno. Il filosofo del gruppo è Tartaglia, una sorta di Gianroberto Casaleggio della sinistra italiana. Nel 2010 è stato Nichi Vendola ad associarselo, e lui gli ha fatto tutta la campagna di comunicazione delle regionali, riempendo la Puglia di manifesti senza il volto di Nichi e con lo slogan “Vendola- la poesia è nei fatti”. Tartaglia difende il manifesto spiegando di avere voluto andare “oltre la bandiera italiana”. Replica anche a chi dice che manco si capisce che c'entri il Pd, visto che il nome del partito è scritto in rosso su sfondo rosso: “Un marchio non è un adesivo, e può essere declinato, adattandosi al contesto, trasformandosi da marchio in marca..”. Quanto allo stile considerato fascista Tartaglia crede che “sia fondamentale per il Pd che studi, provi, sperimenti, innovi i linguaggi della comunicazione politica, anche recuperando, citando e interpretando i linguaggi che hanno fatto la storia della sinistra in Italia. Non fasci littori, ma la sinistra”. Sarà,. ma quel manifesto con cui Bersani ha rubato a Vendola il suo Casaleggio usando i soldi del Pd per la campagna personale alle primarie, sembra tanto il più classico degli hara-kiri della sinistra italiana… di Franco Bechis