Travaglio: "Laura sei peggio della bigottissima Donna Prassede"
Laura Boldrini come la bigottissima Donna Prassede. Marco Travaglio dedica questa mattina il suo editoriale alla presidente della Camera con tanto di un pezzo virgolettato dei "Promessi sposi" che consiglia vivamente alla "papessa" di leggere, o rileggere, nella speranza che rifletta e riveda se stessa in quel personaggio "petulante e pestilenziale descritto con feroce ironia da Alessandro Manzoni" e "smetta di interpretarlo ogni giorno dal suo scranno, anzi piedistallo di terza carica dello Stato". Travaglio si diverte poi a ricordare gli episodi più significativi della carriera politica della Boldrini: dall'anatema contro Miss Italia, alla caccia (con tanto di Polizia Postale) degli zuzzurelloni che avevano postato su internet un fotomontaggio che la ritraeva in desabillé, passando per l'ordine di ristampare intere risme di carta intestata con la sconveniente dicitura "Il presidente della Camera" con la più decorosa "La presidente della Camera", fino a quando, scrive Travaglio, "ha fatto sapere alla Nazione di non avere per nulla gradito l'imitazione “sessista” della ministra Boschi fatta a Ballarò da Virginia Raffaele, scambiando la satira per lesa maestà e l'umorismo su una donna potente per antifemminismo. E chissenefrega, risponderebbe in coro un altro paese, abituato alla democrazia, dunque impermeabile alla regola autoritaria dell'Ipse Dixit. Invece siamo in Italia, dove qualunque spostamento d'aria provocato dall'aprir bocca di un'Autorità suscita l'inevitabile dibattito". Certo, scrive Travaglio, Laura Boldrini, come volontaria nel Terzo Mondo e poi come alta commissaria Onu per i rifugiati, vanta "un curriculum di bontà da santa subito". Poi però, poco più di un anno fa, entrò nel listino personale di Nichi Vendola e, non eletta da alcuno, anzi all'insaputa dei più, fu paracadutata a Montecitorio nelle file di un partito del 3 per cento e issata sullo scranno più alto da Bersani, in tandem con Grasso al Senato, nella speranza che i 5Stelle si contentassero di così poco e regalassero i loro voti al suo governo immaginario. "Fu così che la donna che non ride mai", ironizza il vicedirettore del Fatto, "e l'uomo che ride sempre (entrambi per motivi imperscrutabili) divennero presidenti della Camera e del Senato. La maestrina dalla penna rossa si mise subito a vento, atteggiandosi a rappresentante della “società civile” (ovviamente ignara di tutto) e sventolando un'allergia congenita per scorte, auto blu e voli di Stato. Salvo poi, si capisce, portare a spasso il suo monumento con tanto di scorte, auto blu e voli di Stato. Tipo quello che la aviotrasportò in Sudafrica ai funerali di Mandela, in-salutata e irriconosciuta ospite, in compagnia del compagno. Le polemiche che ne seguirono furono immancabilmente bollate di “sessismo” e morte lì". L'editoriale, che si conclude con il capitolo XXVII dei "Promessi sposi", contiene un appello: "Se ogni tanto si ghigliottinasse la lingua prima di parlare farebbe del bene soprattutto a se stessa, che ne è la più bisognosa. In fondo non chiediamo molto, signora Papessa. Vorremmo soltanto essere lasciati in pace, a vivere e a ridere come ci pare, magari a goderci quel po' di satira che ancora è consentito in tv, senza vederle alzare ogni due per tre il ditino ammonitorio e la voce monocorde da navigatore satellitare inceppato non appena l'opposizione si oppone".