Il boom degli anglicismi
Stupefacente: l'italiano non è la nostra lingua
«Prima l’italiano». Tutelare la nostra lingua come prezioso patrimonio da salvare è il senso di due proposte di legge presentate in marzo, alla Camera, da Fabio Rampelli (da poco suo vicepresidente) e dal gruppo di FdI. Il problema è serio: secondo le ultime stime, entro 80 anni l’italiano sarà una lingua morta. Dal 2000 a oggi, l’anglicizzazione ossessiva ha fatto aumentare del 773% le parole inglesi nell'italiano scritto. «Questo si deve - spiega Rampelli - all'intrusione di gerghi appartenenti al cinema e alla televisione; all'uso indiscriminato dei neologismi provenienti dal linguaggio burocratico e scientifico; all'infiltrazione eccessiva di parole mutuate dall'inglese, che negli ultimi decenni ha raggiunto livelli di guardia». Pare incredibile, ma l’art. 6 della Costituzione cita solo il fatto che: «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche» senza menzionare l’italiano come «lingua ufficiale della Repubblica» così come, invece, vorrebbe far specificare la proposta di legge. Spiega Pascal Pezzuto fondatore del festival internazionale per la lingua italiana “Scola Federiciana”: «L’art. 6 fu studiato dai costituenti in aperto contrasto con i provvedimenti per la difesa linguistica (a volte eccessivi) voluti dal gerarca fascista Achille Starace. Può sembrare un dettaglio, ma da questa lacuna nella Costituzione scaturisce il fatto che fino ad oggi non sia stata preservata e valorizzata la lingua italiana». Philippe Daverio commenta: «La modifica dell’art. 6 è un bel segnale per preservare la nostra identità. I politici, poi, dovrebbero evitare di usare l'inglese (una sorta di abracadabra per celare l'inconsistenza delle idee) secondo quel tipico provincialismo esterofilo per il quale la parola straniera “fa fino”. Proprio in tal senso, l’altra proposta di legge presentata da Rampelli intende tutelare l’italiano non solo con l’istituzione di un “Consiglio superiore della lingua italiana”, ma anche fornendo indicazioni nell’uso della terminologia per la pubblica amministrazione e la Rai. INIZIATIVA BIPARTISAN L’iniziativa, pur provenendo da destra, trova sostegno anche dal filosofo marxista-hegeliano Diego Fusaro: «Sacrosanto tutelare e valorizzare la lingua di Dante, Machiavelli, Gramsci, Croce, Gentile che deve essere preservata dalla dittatura dell’inglese dei mercati che sta imponendo il “linguisticamente corretto”, versione - nel campo della lingua - del politicamente corretto. Ai contestatori che, banalmente, tireranno in ballo Starace, risponderei citando Gramsci secondo il quale bisogna valorizzare l’identità degli italiani a partire dal linguaggio nazional-popolare che è “Un museo di fossili nei quali è custodita la nostra storia, il nostro passato e senza i quali non potremo nemmeno essere”». Dopotutto, leggi analoghe esistono già in altri paesi europei. In Francia, la legge Toubon del ’94 ha reso obbligatorio l’uso del francese nelle pubblicazioni del governo, nelle pubblicità, nei luoghi di lavoro, in ogni tipologia di contratto, nei servizi, nell’insegnamento delle scuole statali. Le pubblicità in inglese devono contenere sempre la traduzione francese. È la stessa Costituzione a sancire la difesa della lingua nazionale riconoscendo al cittadino il diritto di ricevere ogni informazione in francese. Anche in Spagna vige una legge simile. In Italia, soprattutto le giovani generazioni sono arrivate oltre l'anglofonia: i ragazzi abusano anche di termini giapponesi tratti dal mondo degli “anime”. Giorgio Rembado, per 27 anni presidente dell'Associazione Nazionale Presidi, commenta: «Una legge del genere dovrebbe essere scontata. L'identità di un popolo si salvaguarda con la lingua di riferimento e questo dovrebbe essere un dovere e una necessità». Abbiamo, infine, raccolto i pareri delle massime autorità competenti in materia. I MASSIMI COMPETENTI Il direttore di redazione della Treccani, Luigi Romani, supporta la proposta: «Se il “Consiglio superiore della lingua italiana”, previsto nella proposta di legge, dovesse essere finalizzato alla valorizzazione della ricchezza della nostra lingua, soprattutto in ambito scolastico e a partire dalle scuole primarie, potrebbe essere uno degli strumenti utili da promuovere». Il Presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini specifica che da tempo l’ente è favorevole a inserire nella Costituzione il richiamo alla lingua italiana, al suo valore e al suo significato: «La proposta di legge è interessante soprattutto come punto di partenza del dibattito, per smuovere le acque. Tuttavia, un organo che dovrebbe occuparsi della lingua italiana, a nostro giudizio esiste già ed è molto attivo: la legge dovrebbe riconoscere ufficialmente la funzione dell’Accademia della Crusca». Si preannuncia una battaglia trasversale, secondo un nuovo concetto di ecologia linguistica, in difesa di un bene comune la cui sopravvivenza non è più così scontata. di Andrea Cionci