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Toscana, il governatore Rossi toglie i soldi ai malati per finanziare un film

Spunta una società che ha fatto un solo film pagato dalla Regione. Tra i soci, l'ex Finmeccanica Borgogni. Che a "Libero" spiega...

Giulio Bucchi
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La notizia è che Film commission della regione Toscana è riuscita a elargire decine di migliaia di euro per finanziare il filmino di due indagati in diverse inchieste giudiziarie. Il consigliere regionale di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli, quando apprende la vicenda, scuote la testa: «Pensi che la Regione Toscana per mettere a posto i conti ha chiesto ai suoi cittadini di pagare, oltre al ticket, una gabella di 10 euro, con la scusa della digitalizzazione, per tac, radiografie e altri esami diagnostici anche se i pazienti sono poveri o malati terminali». La nostra storia riguarda Paolo Oliverio, commercialista quarantasettenne con la passione per gli affari con i padri Camilliani e gli 007, arrestato a novembre per sequestro di persona nell'ambito di un'inchiesta per riciclaggio. Oliverio dal gennaio 2013 è socio della Poyel produzioni, con capitale sociale di 100 mila euro, azienda trasferita a Napoli a ottobre e infine messa in liquidazione nel dicembre 2013, un mese dopo l'arresto di Oliverio. Nonostante la breve esistenza, la Poyel ha fatto in tempo, si apprende da Internet, a produrre il film «Giallo toscano», un thriller girato a Buonconvento (Siena), realizzato insieme con l'Accademia dei risorti, società di produzione cinematografica con sede proprio nel piccolo comune senese. Grazie al trailer si scopre pure che il film è stato realizzato con il contributo della Regione toscana e della Toscana film commission. Che ha versato, secondo i produttori, 30 mila euro. La trama è semplice: una mattina di giugno due tartufai in cerca di tuberi trovano il cadavere di una giovane archeologa. Inizia a questo punto la caccia all'assassino. Al film ha contribuito con la propria partecipazione gran parte della popolazione del paese. L'idea è stata del presidente dell'accademia, Lorenzo Borgogni, per quasi vent'anni influente portavoce di Finmeccanica, originario di Siena e residente a Buonconvento. La figlia Benedetta ha fatto l'aiutoregista. Anche Borgogni, come Oliverio, ha avuto le sue traversie giudiziarie: indagato nel 2011 nell'inchiesta su Finmeccanica, ha patteggiato una pena di tre mesi di reclusione per finanziamento illecito ai partiti e resta sotto processo per altri reati; attualmente è coinvolto anche nell'indagine sulle presunte mazzette pagate per la fornitura degli autobus di Roma Capitale. Tutto questo non ha impedito alla Regione Toscana di finanziare il progetto. «Ma il film di Buonconvento con Oliverio non c'entra nulla» puntualizza Borgogni con Libero. «È stato realizzato nel 2012 e la Poyel è nata nel 2013». Eppure nei titoli c'è scritto che è stato prodotto dalla Poyel: «In realtà l'abbiamo inserito in quel catalogo per vedere se si poteva domandare qualche contributo con questa nuova società. I soldi dalla Toscana film commission li abbiamo ottenuti come Accademia dei risorti, di cui sono presidente: 25-30 mila euro in tutto». La toppa sembra peggiore del buco: il pluriindagato Borgogni ottiene denaro pubblico per un'opera sul suo paese e poi con una società affidata a Oliverio e che millanta di aver prodotto un film non suo prova a ottenere altri finanziamenti. Ma come approda il fiscalista alla Poyel? «L'abbiamo fondata io e il mio amico Alfonso Gallo: lui ci ha messo dentro suo fratello e io Oliverio» risponde Borgogni. In effetti alla camera di commercio si apprende che soci al 50 per cento della Poyel sono la General holding company spa dei Gallo e Reb venture srl, in cui sono soci Borgogni e Oliverio, che possiede il 5 per cento delle quote. I due sono insieme anche nella System plus srl. «Nei giorni scorsi, dopo aver letto le notizie sulle presunte attività illecite di Oliverio abbiamo fatto dei controlli e scoperto numerose operazioni sospette e non autorizzate da Borgogni sui conti delle due società» avverte l'avvocato Stefano Bortone, difensore dell'imprenditore. «Per questo abbiamo presentato denuncia contro Oliverio per appropriazione indebita». L'ennesimo colpo di scena nella vicenda giudiziaria del fiscalista romano. Eppure i due erano diventati amici, dopo essersi incontrati per la prima volta tre anni fa: «L'ho conosciuto nel settembre 2010 quando ero ancora in Finmeccanica e cercavo un commercialista. Me lo presentò come professionista dello studio Lupi, un compaesano, un ex giocatore della nazionale di calcio che lo conosceva dai tempi di Milano» ricorda Borgogni. Dopo poco i due si persero di vista. Per poi rincontrarsi qualche mese più tardi: «Quando uscii da Finmeccanica Oliverio mi propose di realizzare un'attività immobiliare perché era in contatto con questa fondazione dei Camilliani che aveva molti appartamenti da valorizzare. Per questo abbiamo fondato la Reb venture, io ci ho messo i soldi, lui faceva l'amministratore. Successivamente mi ha detto che erano stati fatti dei compromessi per delle vendite, ma io non so come sia andata a finire».  I due condividevano anche un ufficio a Roma, in via Gregoriana: «Ma io ci sono entrato una sola volta, poco prima che arrestassero Oliverio» aggiunge l'ex portavoce di Finmeccanica. Borgogni frequentava pure la casa del commercialista in piazza di Spagna: «Uno splendido appartamento all'angolo con via del Babuino. Ricordo che una sera a cena c'era pure padre Renato Salvatore (superiore generale dei Camilliani, arrestato insieme con Oliverio per l'accusa di sequestro di persona ndr); il commercialista nove volte su dieci parlava dei Camilliani, delle loro proprietà a Casoria, Palermo, Messina, mi chiedeva se avessi dei manager. Gliene trovai uno che lui, però, non ricontattò mai, perché cambiava continuamente idea. Il personaggio era strano, io me ne accorsi dopo un po': per esempio non si presentava agli appuntamenti, trovando le scuse più assurde». Come quando Borgogni gli fece acquistare una casa a Montalcino del valore di 700 mila euro: «Io gli fissavo gli appuntamenti con l'architetto, con l'ingegnere per la ristrutturazione  e lui a volte non si presentava nemmeno». Con i commensali, Oliverio parlava anche del suo amore per le auto: «Girava in Mini, in Range Rover, ma aveva una grande passione per i rally. Ultimamente aveva fatto una gara a San Marino, dove aveva rotto la macchina». Forse quella Lancia Delta che gli investigatori sguinzagliati alle sue costole nel 2012 hanno imbottito di microspie e che Oliverio aveva acquistato di seconda mano, pagandola 9.400 euro. Il commercialista non aveva rapporti solo con i preti, ma anche con diversi appartenenti alla Guardia di finanza e ai servizi segreti. «Lui mi parlava di Giorgio Piccirillo (dal 2008 al 2012 direttore dei servizi segreti interni, l'Aisi ndr) e citava pure Paolo Poletti (ex numero 2 dell'Aisi ndr)» ricorda Borgogni. Due nomi già emersi nelle indagini. Ma ci sarebbero molti altri personaggi influenti nell'agenda di Oliverio. Uno dei collaboratori del fiscalista, arrestato con lui a novembre, davanti al gip ha dichiarato: «Io mi fidavo di Oliverio perché quando gli squillava il telefono io vedevo nomi noti. Vantava amicizie con A. B., ma più semplicemente con personaggi di alto rango istituzionale, con il presidente di Finmeccanica, con Lorenzo Borgogni. (…) Mi faceva vedere le telefonate forse per aumentare il suo credito nei miei confronti, io ancora non so chi sia questa persona». Un dubbio che perplime pure gli inquirenti. di Giacomo Amadori

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