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Ai profughi non piace la pasta: gomme tagliate ai volontari

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Andrea Tempestini
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Ci risiamo. Ancora profughi che rifiutano cibo italiano. La nostra cucina, agli ospiti del Mare Nostrum, proprio non piace. L'ultima dimostrazione, dopo i casi di Pozzallo e Roma - dove numerosi pasti sono finiti nell'immondizia - l'hanno fornita una quarantina di immigrati che da quattro mesi alloggiano al Centro di solidarietà di La Secca, frazione del comune bellunese di Ponte nelle Alpi. In segno di protesta contro un menù a loro dire monotono e per nulla incline ai palati africani, gli immigrati hanno occupato una delle strade principali del paese con una panchina di legno messa di traverso, e hanno appoggiato sull'asfalto il pranzo (come riportato dal Gazzettino), pasta al pomodoro, pane e uova: «Noi questa roba non la mangiamo» avevano detto. Accanto ai piatti hanno posato i borsoni con dentro i vestiti e hanno minacciato di abbandonare la struttura. Poi, per essere sicuri che le ragioni del sit-in venissero capite fino in fondo, hanno tagliato i pneumatici delle auto del personale della cooperativa che lavora nel centro. Oltre a pasti migliori, hanno chiesto di essere ospitati in un ambiente più confortevole dove poter praticare qualche hobby per ammazzare le giornate. Già, perché tra i motivi della protesta c'è stata pure la noia: non sanno cosa fare, e a loro disposizione - hanno fatto sapere - non ci sarebbe nemmeno un insegnante di italiano. In realtà le lezioni sono state sospese solo ad agosto: l'insegnante è in ferie. Per sgomberare la strada è stato necessario l'intervento della polizia, dei carabinieri e dei mediatori culturali. Nonostante il caos, nessuno dei profughi è stato denunciato. In caso contrario la richiesta di asilo con tutta probabilità non sarebbe andata a buon fine. Lo sciopero del cibo italiano si è protratto per due giorni. Poi gli immigrati hanno fatto uno sforzo e hanno mangiato. Al coro di proteste della Lega - secondo la senatrice Raffaela Bellot «i nostri nonni emigrati non si sarebbero mai comportati in un modo così incivile» - si aggiunge quello del Libero sindacato di Polizia Lisipo. Per il presidente, Antonio De Lieto, «è incredibile che mentre centinaia di migliaia di famiglie italiane fanno la coda per avere un piatto di pasta, degli immigrati disprezzino quello che il nostro Paese gli dona con generosità». Anche don Gigetto De Bortoli, presidente del Ceis di Belluno, si dice amareggiato. «Dispiace che passi il messaggio che nella struttura si viva di stenti» aggiunge. E intanto ieri dallo Janas Village di Sadali, in Sardegna, dopo le proteste della settimana scorsa, un'altra cinquantina di extracomunitari ha deciso di allontanarsi. I nuovi arrivati, famiglie di siriani, palestinesi, cittadini del Mali, un sudanese e un eritreo, hanno deciso diabbandonare il paese a due ore d'auto da Cagliari. di Alessandro Gonzato

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