I minatori barricati avvertono: "Abbiamo 690 kg d'esplosivo, non possiamo garantire la sicurezza"
"Avete visto cosa ha fatto il nostro collega che si è tagliato il braccio? Siamo disperati, stiamo cercando di tenere tutti tranquilli ma non possiamo garantire che non ci saranno gesti folli. Noi qui abbiamo 690 chili di esplosivo e li terremo con noi". Assume risvolti inquietanti il drammatico appello che Sandro Mereu, rappresentante sindacale della Carbosulcis, ha rivolto alle autorità attraverso i microfoni di Tgcom24. La situazione nella miniera di Nuraxi Figus è esplosiva: da domenica i minatori, a turni di 30, occupano le gallerie a 373 metri di profondità per protestare contro il licenziamento di 463 colleghi e il mancato piano di conversione della cava della Carbosulcis che mette a rischio il futuro dell'intera area. "Siamo soli, il governo, Bersani Fini, Casini non si sono fatti mai vedere, abbiamo avuto solidarietà da tutto il mondo ma i politici che devono sostenere il lavoro non ci sono vicini. Siamo alla fame, questo territorio è morto. Io non potrò più mandare all'università mia figlia. Stiamo morendo tutti", sono le parole di Mereu, che ha poi commentato il tragico gesto di Stefano Meletti, l'operaio di 48 anni che mercoledì mattina davanti ai giornalisti si è ferito all'avambraccio con un coltello per dimostrare la disperazione dei minatori. Ora Meletti sta bene ed è a casa con la famiglia. "Sappiamo che si sta riposando e lo salutiamo - riferisce Mereu -. Aspettiamo che ritorni con noi, abbiamo bisogno di lui". Nuova protesta - E in mattinata i minatori hanno continuato la protesta: due di loro sono scesi a 400 metri di profondità, nell'ultimo livello della miniera. Il punto raggiunto dai due lavoratori era un'area di raccolta di acque e fanghi considerata pericolosa dai colleghi, un gruppo dei quali ha raggiunto i due operai convincendoli a risalire. Vie d'uscita - Il nucleo industriale di Portovesme in questi anni ha già perso 7.000 posti di lavoro. La miniera di Nuraxi Figus rappresenta quasi un ultimo simbolo, un baluardo di resistenza nonostante la riconversione dell'area rischi di costare qualcosa come 250 milioni di euro l'anno. Troppo. Tuttavia dal governo, aspramente criticato dai minatori, sembra arrivare un improvviso segnale d'apertura. "Non sta scritto da nessuna parte che la miniera debba chiudere il 31 dicembre", ha spiegato il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti, Intervistato da Radio Anch'io, ha poi aggiunto che la miniera della Carbosulcis è al 100% della regione Sardegna e che quindi è la regione che deve deciderne la chiusura, ma che per il governo sono possibili soluzioni alternative. I progetti di riconversione della miniera del Sulcis devono essere ''economicamente sostenibili'', ha ancora affermato De Vincenti. E il presidente Giorgio Napolitano, in una nota ufficiale, si è detto "profondamente partecipe delle ansie" dei minatori sardi. "Io sto con voi", ha detto il presidente della Repubblica. Basterà?