Friuli sprecone, spede 35 milioni di euro per il dialetto
La Regione spende i soldi pubblici per tradurre libri di scuola e Vangelo ma resta senza autostrade
C'è il Vangelo in friulano. E perfino Dante, qui, è tradotto. Sul web al posto di Youtube trovi "Viot-tu", in lingua locale. I cartelli stradali hanno la traduzione a fronte. Bilingue sono le insegne dei bar e degli negozi, ma anche le lapidi sui monumenti e i nomi delle piazze. Benvenuti in Friuli Venezia Giulia: terra dei poliglotti per legge. O regione ai confini dell'impero. Non quello austroungarico, ma di un'Italia in cui si parla troppo. Tanto che qui, fra le lingue ufficiali, è inserita la parlata locale: il «Furlàn», tutelato fin dal '96 e consacrato tre anni dopo fra gli idiomi riconosciuti dalla Costituzione. Quassù siamo in anticipo di oltre un decennio sulla proposta di Umberto Bossi di insegnare i dialetti. Perché nel Nord-est estremo il friulano è una materia di scuola: le mamme degli allievi compilano un modulo, come per l'ora di religione o di ginnastica. Ci sono i libri, un migliaio di docenti e ci sono i compiti a casa. Ma soprattutto ci sono contributi a pioggia, erogati da questa regione a statuto speciale in nome del bilinguismo. Parlare friulano è dunque un affare. Spuntano enti e associazioni, con tanto di dirigenti e personale stipendiati. Che chiedono fondi. L''agenzia regionale per la lingua (Arlef), arruola un presidente, un direttore, un cda di sette membri e un comitato scientifico. Costa in bilancio un milione di euro l'anno. E si edita anche una rivista scientifica, perché i termini della matematica vanno aggiornati di continuo e “lidrîs quadrade di nûf” è per esempio “la radice quadrata di nove”. Al contrario dei finanziamenti, che crescono esponenzialmente. Dal 2009 la Regione ha messo a bilancio 4,4 milioni di euro, confermati negli anni successivi. E con risultati non sempre brillanti. Come per il vocabolario ufficiale, il “dizionâr bilengâl”, già costato un milione e mai finito. Dopo dieci anni non ne esiste una sola copia su carta. «Per ora è consultabile sul web», ripetono gli esperti. Avanti di questo passo, serviranno altri 13 anni (e relativi milioni) per completarlo. Se si fa un giro al palazzo della Regione, ci s'imbatte nell'interprete. Di friulano, s'intende. È severamente chiuso in cabina col collega sloveno e le cuffie sulle orecchie. Fanno mille euro a seduta. E poco importa che, su cinquantanove eletti, in aula parli friulano soltanto il leghista Enore Picco. Lo fa per qualche decina di minuti a semestre. Viene tradotto in simultanea, ma quando torna a sedere, conversa disinvolto in italiano coi colleghi. Però da queste parti vengono valorizzati e rivitalizzati tutti i dialetti della zona. Dieci versioni - Una decina almeno: dal triestino, al gradese, passando per il dalmata, il muggesano per arrivare al bisiacco della provincia di Gorizia. In Friuli Il business linguistico è bipartisan. Inaugurato dalle giunte leghiste dopo Tangentopoli, ha trovato terreno fertile col centrosinistra. Riccardo Illy ha addirittura riscritto la legge e introdotto il cosiddetto friulano veicolare (l'insegnamento a scuola delle altre materie in friulano) e il silenzio assenso si insegna a tutti, a meno che non sia chiesto il contrario. Modifiche che però la Corte costituzionale ha cassato. «C'era il rischio di un regime di biliguismo obbligatorio», denunciarono prima il governo Prodi, poi quello Berlusconi. Sprechi in effetti ce ne sono: vedi la “legge sui celti”, voluta dall'ex governatrice leghista Alessandra Guerra oggi nel Pd e che prevede il finanziamento di manifestazioni finalizzare a onorare le origini della popolazione friulana. Alessandra Guerra stanziò quattro miliardi di lire nel 2000, scatenando la gara fra associazioni, spesso targate Carroccio. Alla faccia dei tempi duri e della spending review, viene da sottolineare: l'indebitamento regionale ammonta a 1,05 miliardi, seppur in calo di mezzo miliardo dal 2008. E le aree dove si annidano sprechi e inefficienze non sono soltanto quelle dei dialetti o delle manifestazioni celtiche ma anche della spesa sanitaria, che secondo la Corte dei conti è «fuori controllo». Il costo pro capite è di duemila,5 euro contro i 1.861 di media nazionale. Amici di amici - Ma non finisce qui. Questa Mitteleuropa, felpata e silenziosa soltanto nei modi, ha lasciato largo spazio al meridionalissimo “tengo famiglia”. «Esempio raro di discrezione è Giulio Camber», per citare il Sole 24 ore. Il giovane sottosegretario in uno dei governi guidati da Bettino Craxi e poi per sei volte senatore della Repubblica, forte di un potere ben ramificato, ha piazzato la sua compagna al vertice dell'Autorità portuale, una città nella città con funzioni e autonomia superiori a quelli di cui gode il sindaco di Trieste. Nella triangolazione dei poteri il ruolo di maggior prestigio rimane sempre quello dell'inquilino di Piazza Unità d'Italia, dove asburgicamente si affacciano la Giunta di una Regione a statuto speciale e il municipio di Trieste. Per Renzo Tondo, ristoratore di Tolmezzo che guida una maggioranza Pdl, Lega e Udc, si tratta di un ritorno. Fu già presidente dal 2001 al 2003 preceduto da Roberto Antonione e seguito da Riccardo Illy. Tutti, anche se con stile diverso, hanno salvaguardato la ragnatela inestricabile di società partecipate: il vero tesoro di questa Regione. Solo Friulia, la holding di partecipazione, controlla 118 società pubbliche. La Regione si occupa di tutto: dai software alla gestione degli impianti di risalita. Due società si occupano di montagna: Promotur che gestisce 53 impianti e Agemont. Nel 2010 la Regione ha ripianato debiti per 3 milioni e Friulia ha svalutato la partecipazione della controllata per 10 milioni. E cosa dire delle strade e dei treni? Siamo alla Preistoria. Dell'alta velocità o capacità ferroviaria, che fa parte del corridoio 5 Lisbona-Budapest-Kiev, se ne discute da vent'anni. Colpa dei veneti, che per la Venezia-Trieste puntano su un fantasioso tracciato a mare che allungherebbe il percorso e aumenterebbe i costi. Il vantaggio? Convogliare il maggior numero di passeggeri su Jesolo, località cara ai veneti. Da tempo mancano sei chilometri di binari che unirebbero Trieste a Capodistria. E per andare da Trieste a Lubiana (70 chilometri in linea d'aria) bisogna percorrere 150 chilometri di una strada ferrata creata nel 1850.2 In attesa che veneti e sloveni si decidano a collegarsi con la più orientale delle regioni italiane, i friulani si sono buttati sulla terza corsia della A4: 2,3 miliardi tirati fuori dalla Regione per i 155 chilometri da Venezia a Trieste. di Cristiana Lodi