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Spaccamonti. Il Cav ci ripensa. E torna per vincere

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La condanna l'ha convinto a tornare sul ring per dire quello che pensa. Anche su governo ed Europa

Andrea Tempestini
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Se qualcuno ha pensato che la condanna a quattro anni di carcere per  frode fiscale fosse il colpo definitivo per Berlusconi, la botta che lo avrebbe messo per sempre fuori dalla politica e dalla competizione elettorale, beh bisogna dire che ha sbagliato i conti. E di grosso. Perché quello che si è presentato ieri pomeriggio in conferenza stampa a villa Gernetto era tutt'altro che un Berlusconi alle corde, pronto a gettare la spugna.  Ai giornalisti, al contrario, si è mostrato un Cavaliere inferocito, pronto all'ultima battaglia, quella sì definitiva. La sentenza, invece di liquidarlo, incredibilmente lo ha rimesso in gioco, spingendolo nuovamente sul ring. Come lui stesso ha precisato dopo le prime dichiarazioni rese al Tg5, non si tratta di un ripensamento sulla candidatura a premier alle prossime elezioni, ma piuttosto di una ridiscesa in campo. Invece di dedicarsi al Milan, alle sue aziende, ai giovani del Popolo della Libertà, l'ex presidente del Consiglio si occuperà di nuovo attivamente di politica. Posto che non aveva mai smesso di occuparsene, ma piuttosto lo aveva solo pensato o annunciato, qualcuno a questo punto potrebbe ritenere che nulla è cambiato. Il Cavaliere era il leader del centrodestra anche se aveva delegato ad Angelino Alfano la guida del partito e sempre lui lo sarà da ora in poi. Ma non è così. Se fino a venerdì Berlusconi era rassegnato   alla sconfitta,  pronto  a fare un passo indietro pur di consentire la nascita di un rassemblement moderato, convinto perfino di appoggiare Mario Monti   se questo era il prezzo da pagare per impedire una vittoria della sinistra, adesso l'ex premier ha cambiato idea: ora è pronto a ricominciare da capo. Certo, riparte da ciò che gli brucia di più, ovvero dalla condanna del Tribunale di Milano, una sentenza che gli ha appioppato 4 anni di carcere definendolo un delinquente abituale, uno che regolarmente ha evaso il fisco, anche se tre sentenze prima di quella lo avevano riconosciuto innocente proprio per le medesime accuse, assolvendolo perché il fatto non sussiste, perché il reato era prescritto  e perché la pubblica accusa non aveva prodotto alcuna prova a dimostrazione che il Cavaliere fosse il socio occulto dell'intermediario americano che aveva trattato i diritti cinematografici. In Italia si può essere assolti per gli stessi fatti e poi riprocessati un'altra volta ricorrendo a un cavillo o a qualche trucchetto giuridico. Così Berlusconi - che i giudici di Milano e di Roma, ma anche della Cassazione, avevano mandato assolto - si ritrova condannato e questo gli fa dire che bisogna rimettere mano alla giustizia, ripartendo là dove negli ultimi diciotto anni è stato sconfitto. Il tema è lo stesso. La magistratura politicizzata. Il potere giudiziario che si contrappone a quello legislativo ed esecutivo, condizionandoli, spaventandoli, impedendo loro  di cambiare il Paese e di governare. Tuttavia il discorso del Cavaliere non si limita alle toghe o, se si vuole essere banali, alle sue questioni giudiziarie. Berlusconi va oltre e ripercorre ciò che è accaduto nell'ultimo anno. Riparte cioè dai motivi delle sue dimissioni, dai condizionamenti che Francia ma soprattutto Germania hanno esercitato. Non è la teoria del complotto ma quella dello sgambetto: Sarkozy e Merkel si sono dati da fare per levarlo di mezzo e purtroppo hanno trovato in loco qualcuno che ha dato loro retta, facendo in modo che tutto si predisponesse per l'uscita di scena di un presidente del Consiglio legittimamente eletto. Una premessa, quella del Cavaliere, indispensabile per capire quello che è venuto dopo, cioè Mario Monti e il suo governo. L'esecutivo tecnico era stato presentato come la formula magica che ci avrebbe tirato fuori dai guai, rimettendo in ordine i nostri conti e facendo ripartire l'economia nazionale, non senza averci fatti tornare a testa alta fra i grandi. In realtà è finita come sappiamo, cioè noi trattati apparentemente con gran rispetto, ma nella sostanza messi fuori da ogni riunione in cui si decide davvero il futuro d'Europa.  Soprattutto, quel che manca sono i conti in ordine e la ripresa. Il Prodotto interno lordo infatti cala sempre più, le entrate aumentano solo per il rincaro delle tasse e la disoccupazione corre. Un fallimento in  undici mesi che mostra  un solo parziale risultato positivo, quello che riguarda lo spread, il cui merito, come si sa, è più di Mario Draghi che di Mario Monti. Berlusconi dopo mesi di titubanza, e dopo aver perfino lasciato capire di essere pronto a sostenere il presidente del Consiglio anche nella prossima legislatura, ora dice senza peli sulla lingua quel che pensa, che poi è ciò che pensa il suo popolo. E questa è sempre stata la carta vincente del Cavaliere: a differenza del resto della classe politica, lui non racconta le cose con diplomazia o pesando le parole, ma dice quel che ha in testa. Cosa che lo ha reso ultra popolare e gli ha regalato uno straordinario consenso. Una popolarità e un consenso che hanno fatto dimenticare anche tanti dei suoi errori, consentendogli di ribaltare i peggiori pronostici e di durare più di qualsiasi altro politico italiano. Ce la farà anche questa volta? Difficile rispondere, i tempi sono diversi, le condizioni avverse e lui ha 76 anni. Una cosa però ci sentiamo di dire: l'unico che ce la può fare è ancora lui. Rieccolo. di Maurizio Belpietro  

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