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Tremila europer parlare con la Kidman

A Cannes scoppia lo scandalo delle interviste a pagamento alle star

Nicoletta Orlandi Posti
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  Tempi duri per la stampa internazionale al Festival di Cannes. Non bastano le alzatacce mattutine per la première vision o le interminabili code sotto il sole alla ricerca del biglietto perduto, ora sulla bollente Croisette impazza lo scandalo delle interviste a pagamento. Proprio così, bisogna sborsare soldi in contanti per assicurarsi due chiacchiere di persona con gli attori più celebri di Hollywood.  Appaiono decisamente lontani, infatti, i tempi in cui erano le star a voler apparire sempre e comunque. E soprattutto gratis. Oggi le potenti major, società che detengono i diritti sui film, dettano legge, presentando il conto a riviste e televisioni per incontri ravvicinati con i divi del grande schermo. Non si fanno sconti, né eccezioni, tanto che circola un vero e proprio tariffario a uso e consumo dei ricchi media. Artisti del calibro di Brad Pitt, Kristen Stewart e Nicole Kidman vengono concessi dietro ricompensa, ma non pensate che il fastidioso   “pizzo” vada poi a finire nelle tasche dei personaggi da Oscar.  Sono le case di produzione a incassare, con la motivazione di dover in qualche modo rientrare delle folli spese sostenute per la presentazione della pellicola in concorso.  Qui in Costa Azzurra tutto è carissimo, viaggi in aerei privati, spostamenti a bordo di blindate limousine, nugoli di muscolosi body guard, lussuose suite, ristoranti da guida Michelin, per non parlare dei vizi o delle bizzarre richieste del vip di turno.   Ma il nascere di un mercato per le interviste ha infastidito diverse riviste, in particolare francesi: come ha rivelato il transalpino Liberation Next, alcuni giornalisti d'Oltreoceano si sono sentiti chiedere 3.000 euro per incontrare faccia a faccia l'idolo Brad Pitt prima della visione del film Killing Them Softly. Il distributore canadese Alliance Film avrebbe imposto alla stampa il necessario obolo, esigendo la medesima cifra anche per parlare con gli altri protagonisti Richard Jenkins e James Gandolfini. Per una tavola rotonda l'offerta partiva da 2.000 euro. Ma la società in questione sarebbe recidiva, dopo aver riservato lo stesso trattamento anche per l'uscita del lungometraggio On the road, adattamento cinematografico del celeberrimo libro di Jack Kerouac.  Tariffe leggermente più basse, 1.500 euro per un faccia a faccia di un quarto d'ora con l'attrice Kristen Stewart o il regista Walter Salles, mentre una conveniente formula pacchetto da quattro minuti partiva da  “appena” 2.000 euro. Un affare da non perdere, ma che ha lasciato basiti i corrispondenti del quotidiano La Presse.   Gira la voce che il caso di Alliance Film non sia isolato.  Esplosa sulla Croisette la querelle sulle inusuali compravendite, il giornale tedesco Der Spiegel ha voluto dire la sua, sostenendo che anche le interviste con Nicole Kidman e Matthew McConaughey, principali attori della pellicola Paperboy, sarebbero state lautamente monetizzate a cifre di mercato dalle case di produzione.   Le proteste nel frattempo aumentano, i media insorgono, ma i serafici dirigenti delle major minimizzano, giustificandosi che si sarebbe trattato di un semplice, nonché equo, rimborso per i notevoli costi organizzativi del Festival. Nulla di più, triste ma vero.   Bisogna comunque fare delle considerazioni e domandarsi il perché delle richieste in denaro, visto che potrebbero trasformarsi in un boomerang per le pellicole in uscita. La categoria dei giornalisti ama, infatti, essere coccolata, mica vessata.   L'unica risposta plausibile è che i due più importanti festival cinematografici sono spudoratamente costosi. Se Berlino, Locarno, Londra e San Sebastian vivono la rassegna internazionale come fattore di crescita e visibilità, come trampolino di lancio e non occasione di lucro, Cannes e Venezia sono oggetto di una insulsa rapacità da parte del proprio indotto. Occorre dirlo: albergatori e commercianti, tutti all'unisono, si scatenano a proporre il prezzo più alto, in una bieca speculazione tale da provocare una vorticosa gara al rialzo. Per questo motivo alcune importanti società preferiscono non andare a settembre in Laguna, privilegiando, a, esempio la concorrenziale rassegna di Toronto, che ha spese nettamente inferiori. Ma a Cannes è impossibile rinunciare, rimane tuttora un palcoscenico insostituibile per il mercato che conta. Qui si sviluppa il vero business, qui si programmano i budget per l'anno, imbastendo le trattative per le future sinergie e produzioni. Costi quel che costi. di Massimo De Angelis  

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